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29. Olivetti P203
Neanche 50 anni più tardi furono lanciati sul mercato i primi computer, che a poco a poco cominciarono a sostituire la macchina da scrivere. Non lasciatevi sfuggire il P203 di color beige posto fra le vetrine: si tratta di uno dei primi computer della ditta Olivetti. Questa macchina, disegnata da Mario Bellini, fu premiata più volte per il suo design ed è esposta al Museo d’arte moderna di New York.
Non solo la funzionalità, ma anche il design caratterizzarono fin dall’inizio le macchine da scrivere Olivetti. Non troppo carica di ornamenti, ma con uno stile sobrio ed elegante, sono questi gli elementi che secondo il fondatore della ditta costituiscono una macchina da scrivere. Olivetti, caratterizzata anche dall’innovazione e dalla tecnologia, venne fondata nel 1908 ad Ivrea, in Piemonte, da Camillo Olivetti, appena rientrato da un prolungato soggiorno negli Stati Uniti. Lanciò sul mercato la prima macchina da scrivere italiana: la M1, che potete vedere a sinistra, dietro la scala a chiocciola, che fu presentata nel 1911 all’esposizione mondiale di Torino. Nel 1938 Camillo Olivetti passò la direzione dell’impresa a suo figlio Adriano, che modernizzò l’impresa secondo il modello americano fino a farla diventare un gruppo industriale di importanza mondiale. L’industrializzazione di un’intera valle, della Val d’Aosta fu il suo guadagno ed un forte atteggiamento sociale, espresso in un sincero interesse per i problemi sociali ed il rapporto con i propri dipendenti, diventa il suo impegno costante. Ma appoggia anche la cultura, ed è un impegno sentito come dovere sociale piuttosto che come mecenatismo culturale e mirato soprattutto verso dei progetti intorno alla conservazione di beni culturali in pericolo di decadenza.
Negli anni 50’ Olivetti inizia l’espansione oltreoceano, con punti di vendita negli Stati Uniti. Negli anni 60, acquista la ditta americana Underwood e oggi, dopo diverse trasformazioni e grazie alla capacità di adattamento all’evoluzione tecnologica e ai cambiamenti del mercato, è riuscita a fare il passaggio dalla meccanica all’elettronica, dalla macchina da scrivere al computer, ai servizi informatici e alle telecomunicazioni.
A parte Olivetti, l’industria italiana di macchine da scrivere ebbe una serie di produttori minori. La S.A Industria Dattilografica di Milano venne fondata nel 1922, periodo in cui Olivetti iniziò la sua affermazione sul mercato su vasta scala. La prima macchina da scrivere, un modello portatile di solo 3,5 chili, fu la Juventa, pensata come macchina da scrivere per uso privato. Più tardi, nel 1928, la ditta cambiò sede e nome, diventando S.A. Brevetta Brassa. Ulteriormente perfezionata, la Juventa uscì sul mercato 3 anni dopo, nel 1931 col nome Everest, prodotta dalla ditta Carisch & C di Milano. Il successo, nonostante il prezzo più basso dei modelli dell’Olivetti, fu però limitato. Milano, il centro industriale italiano per eccellenza, è anche la città dove nasce nel 1931 la Oliver portable, una macchina da scrivere portatile, la cui produzione passò nel '31 alla società Industriale Meccanica di Mondovani presso Cuneo, dove venne lanciata col nome SIM. A Torino nell’1921 la S.A. Fratelli Fontana lancia sul mercato una macchina da scrivere dal nome Fontana, costruita dall’ing. A. Levi. Un anno dopo l’impresa cambia il nome in FILIS: Fabbrica Italiana Lavorazione in Serie di Alta Precisione, e la macchina da scrivere prende il nome greco Hesperia, ossia "l’Occidentale”. Anche qui le vendite furono modeste. Ancora a Torino nel 1921 l’ing. G. Giachero presentò un prototipo di macchina da scrivere con il marchio Invicta commercializzato nel 1923. Nel 1938, su meccanica della Olivetti MP 1, venne prodotta dall’Invicta la prima macchina da scrivere portatile. Il 1 gennaio 1950 l’Invicta venne completamente assorbita dalla Olivetti. Altro marchio italiano fu l'Antares, fondata da P. Pozzi a Milano, costruttrice e maggior produttrice mondiale di macchine da scrivere portatili dal 1955 ai primi anni ’80. Anche questo marchio, come Everest ed Invicta, fu assorbito da Olivetti.
Con il computer, la dattilografia diventò un po’ più silenziosa, mentre la tastiera della macchina da scrivere sopravvisse senza cambiamenti nei PC.
Il Museo delle Macchine da Scrivere non sarebbe immaginabile senza la donazione del signor Kurt Ryba che ha messo gratuitamente a disposizione del comune di Parcines la sua collezione di macchine da scrivere, raccolte in tutto il mondo. Nel 1993, in occasione del 100° anniversario della morte di Peter Mitterhofer, è stato così fondato il Museo delle Macchine da Scrivere, che nel frattempo è diventato il più grande museo al mondo di questo genere, grazie ad una collezione che aumenta di anno in anno. Anche l’edificio stesso, progettato dagli architetti meranesi Georg Mitterhofer e Luciano Delugan, contribuisce alla sua singolarità.
29. Olivetti P203
Intervento pilota in Alto Adige cofinanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Bolzano